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Sul caso Welby, dato per acquisito tutto quel che di giusto e sacrosanto è già stato scritto, potremmo sottolineare la necessità di una maggior chiarezza sia nella legislazione italiana che nella teologia morale cattolica. Per quanto concerne il diritto, a nostro parere non c’è bisogno di una legge nuova, ma solo di un aggiornamento, o meglio di una chiarificazione esplicita di quanto già si trova, spesso a livello implicito, nelle leggi: da qui il timore di molti medici di incorrere in sanzioni; sarebbe quindi auspicabile un’interpretazione autorevole, chiarificatrice, esplicita e univoca da parte degli organi preposti (cassazione? corte costituzionale...?). Per quanto riguarda invece la teologia morale, essa, pur rifiutando l’eutanasia attiva, ha sempre sostenuto il principio del doppio effetto: è legittimo cioè perseguire un fine buono, voluto e intenzionale, anche se ci può essere un effetto collaterale secondario negativo, non voluto ma a volte molto pesante (è il principio per cui continuiamo ad andare in macchina, nonostante i numeri spaventosi di morti e di feriti). Si può quindi sedare per togliere il dolore, anche se le dosi possono causare o accelerare la morte; ora, pur considerando quest’ultima lecita, anche se si fa qualcosa, stranamente la teologia morale cattolica non ha mai preso una posizione chiara ed esplicita sull’eutanasia passiva in cui ci si astiene solo: si è espressa forse contro l’accanimento terapeutico, ma ha mostrato reticenza sull’astenersi dalle cure, soprattutto quelle moderne super-tecnologiche (forse perché vige il terrore della parola «eutanasia», anche se passiva). Il rifiuto delle cure infatti non è sinonimo del rifiuto dell’accanimento terapeutico (come invece tende a fare il ministro della sanità, tutta concentrata solo sull’accanimento terapeutico e la sua definizione): ricordiamo il caso della donna ligure che ha rifiutato l’amputazione della gamba (piede) in cancrena; l’eventuale amputazione non sarebbe stato accanimento, ma solo terapia (anche se nettamente invasiva), mentre nel caso di Welby, oltre al legittimo rifiuto di curarsi, è in gioco anche l’accanimento terapeutico. Senza tale ricorso alle tecniche moderne (ventilatorie ma non solo), come succedeva mezzo secolo fa, la persona sarebbe morta già da tempo, lasciando fare, come si suol dire, alla natura. Ma, in modo contraddittorio, da una parte si proclama il tramonto naturale (Benedetto XVI, secondo cui bisogna assecondare la natura evitando appunto di «anticipare» intenzionalmente la morte), poi dall’altra lo si rifiuta costringendo all’uso delle tecnologie moderne per salvaguardare o ripristinare un presunto ordine naturale… fra l’altro non voluto dal paziente. Questo si configura come paternalismo medico, in auge nelle epoche passate autoritarie, in cui la funzione medica era sacerdotalizzata; e non vale invocare il giuramento di Ippocrate, proprio perché tale giuramento è paternalistico, in netto contrasto col principio moderno di autonomia, auto-determinazione, e consenso informato. Si invoca una cosa, il tramonto naturale, che fra l’altro non esiste più, oltre a risultare di fatto un misconoscimento se non una «offesa» al sapere e alla prassi medica. Per quanto poi concerne il rifiuto del funerale religioso, non vogliamo ripetere quanto di bello e di giusto è già stato scritto da molti, soprattutto sul primato della carità nei confronti della verità. Detto ancor meglio, sono «fede» sia la carità che la verità, o come si diceva una volta la fides qua (sott. creditur), ossia la fede con cui si crede (l’atteggiamento/dimensione personale e affettivo del credere che si esplica attraverso la caritas, l’amore a Dio e al prossimo) e la fides quae (creditur), la fede che si crede, vale a dire le verità credute, ma quelle profonde, costitutive del cristianesimo, diciamo pure le verità dogmatiche in senso positivo. Nel caso di Welby però abbiamo sì da una parte la fede-religione umanitaria, ma dall’altra non si tratta di una verità centrale del «credo», bensì solo di una presunta verità dogmatica, perché la dottrina catechistica proclamata è quanto di più vecchio, obsoleto e superato vi possa essere. Non esiste un’ora del morire/morte decisa da Dio, un procedimento che verrebbe trasmesso e messo in pratica dalla natura tramite un presunto tramonto naturale. Si venera così la dea natura, come nel caso dell’enciclica Humanae vitae (proibizione della contraccezione artificiale perché altererebbe i processi naturali). Ma Dio non coincide con la natura (a volte maligna), e, pur rivelandosi in essa, neppure con la storia (il famigerato «Non si muove foglia che Dio non voglia», in cui praticamente tutto l’accaduto veniva retroattivamente interpretato come volontà di Dio, o come sua permissione: in particolare, per quel che qui ci riguarda, la disgrazia, la malattia e la morte). Ci sarebbe anche da discutere sul «diritto al suicidio» (nel senso di moralmente lecito), inteso come un lucido por fine alla propria vita perché priva di senso, senza necessariamente essere in uno stadio terminale; ma anche senza arrivare a questi estremi, esiste il sacrosanto diritto di non curarsi, accelerando così di fatto il processo del morire. Quello di Welby non è propriamente un suicidio classico, ma la giusta decisione autonoma di voler morire in pace dopo 40 anni di tribolazioni (in ogni caso è meno grave del suicidio). Opposta è invece la valutazione del vicariato di Roma, che ha sì distinto tale decisione dal suicidio, ma considerandola più grave in quanto sono riscontrabili in essa quella piena avvertenza e quel deliberato consenso che invece non è dato riconoscere pienamente nel suicidio che ti travolge (quello non «lucido»). In altre parole, si tratta dell’antipaternalistico diritto moderno di autonomia, che rifiuta giustamente un disegno divino autoritario sulla nostra vita e la nostra morte, come non c’è stata una decisione divina specifica per la nostra nascita (non è stato stabilito da Dio che Mario Rossi sia nato ad es. il 10 maggio del 1960). Ma tutte le creature che vengono al mondo sono accolte e amate da Dio; e ciò costituisce un ultimo baluardo contro l’eventuale «soppressione» dei gravemente handicappati, di esseri umani le cui caratteristiche umane sembrano ridotte al lumicino, pressoché irriconoscibili. Questa (l’essere amato da Dio) è una delle motivazioni portanti, se non l’unica, al prendersi cura di loro (nella scia del «siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste», che ama tutti, compresi i nemici, i cattivi e gli ingiusti, e in particolare gli ultimi e i più deboli). Naturalmente il prendersi cura e l’aver cura può arrivare, in condizioni estreme e come gesto d’amore che imita il Padre celeste, a lasciar morire o ad accelerare il processo del morire per non prolungare una tremenda agonia.
indice La prossimità di Dio. «O uomo, tu sei il mio uomo, ti cerco» (Piero Stefani) in teologia Quale Gesù (citazione di Corrado Augias) Ai lettori (avviso) L’iniquità della dittatura e della pena di morte (Enrico Peyretti) Saddam condannato a morte. Diario notturno (e. p.) Esecuzioni Il tiranno (Sandro Martis) Il delitto di Erba. Come mostrificare il vicino di casa (s. b. e c. b.) Giornalismo di apce (e. p.) Per gli occhi fi una zingara (citazione di Christos Yannaras) Un nuovo fattore di omologazione (Mino Rosso) in società Bertinotti in clinica Nega-sionismo (Claudio Belloni) Ritratto (Luca Sassetti) Welby. Del dpolore, di Dio, e della legge (Enrico Peyretti) Ho praticato l’eutanasia (d. o.) L’uomo che pensa (citazione di Guido Ceronetti) Cinque brevi articoli sul credere/2. La bibbia di tutti è il cuore umano (Enrico Peyretti) La segreta identità di chi crede di credere (Dario Oitana) in religione Tutto il dolore di Isenheim. Recensione al libro I misteri di Grünenwald e dell’Altare di Isenheim di Giovanni Reale (Massimiliano Fortuna) in recensioni Mostra di presepi a Tunisi. La tradizione continua (m. r.) Borse di studio Pil (citazione di Robert Kennedy) Presepe o albero? (m. p.)
Se con la conferenza di Ratisbona e le sue infelici citazioni il Papa sembrava interpretare l’incontro tra cristianesimo e islam come un duello teologico, nel viaggio in Turchia diremo che ha fatto qualche passo verso il dialogo. Ci riferiamo alla breve preghiera-meditazione fatta col gran Muftì, rivolto alla Mecca, nella Moschea blu e al pensiero fissato sul Libro d’oro di Santa Sofia, già tempio cristiano e islamico, oggi museo pubblico di arte e storia della capitale turca. Piccoli ma significativi gesti di apertura, subito raccolti e rilanciati dall’interlocutore islamico. Ha scritto il Papa: «Nelle nostre diversità ci troviamo dinnanzi alla fede nel Dio unico. Che Dio ci illumini e ci faccia trovare la strada dell’amore e della pace»; e Mustafà Cagrici ha detto: «Noi crediamo nel libro che è stato mandato a voi e in quello inviato a noi. Il nostro Dio è lo stesso». Come non pensare al versetto 12 del salmo 62: «Una parola ha detto Dio, / due ne ho udite»? E alla confessione che subito segue («il potere appartiene a Dio, / Tua, Signore, è la grazia»), che evoca le due caratteristiche principali del Dio di Abramo, di Cristo e di Maometto: giustizia e misericordia? Tutti possono cogliere che la duplicità d’ascolto dell’unica Parola e il reciproco riconoscimento della rivelazione islamica e di quella biblica, cristiana e necessariamente ebraica, aprono a una molteplicità religiosa che va oltre le tre religioni del libro e può abbracciare tutte quelle che tendono a una visione monoteista di Dio. Non ci nascondiamo che quanto i capi religiosi dicono nei loro incontri non sempre corrispondono poi alla loro quotidiana predicazione e azione di pastori. Possiamo sospettare, come sospettano alcuni portavoce del pensiero laico, che questa apertura al dialogo interreligioso e interecclesiale, sottolineato anche dal cordiale incontro col Primate ortodosso, corrisponda a una chiusura e a un irrigidimento verso tutto ciò che sa di secolarizzazione, di relativismo e di nichilismo, che l’islam si possa trasformare per la chiesa da nemico ad alleato nella lotta con il vero avversario: la modernità occidentale (G. E. Rusconi, L’Occidente preoccupa Benedetto, in «La Stampa» del 2 dicembre). Ma ciò non diminuisce il valore positivo che hanno in sé quelle poche parole e quei semplici gesti. In Turchia papa Benedetto non aveva di fronte come interlocutori filosofi, giuristi, letterati e storici europei, ma credenti islamici e ortodossi, e con questi doveva confrontarsi sui temi cruciali della convivenza tra le fedi.
indice Il salvadanaio. Racconto di Natale (Fausto Caffarelli) Quando a Natale c’era il sole, e pure la befana Se… (sul caso Scaramella e Welby) I ricchi soffrono: colpa loro (Enrico Peyretti) Il consumo non è un male (Angelo Papuzza) in società La povertà è un lusso (d. o.) Paradossi Dalla terra al cielo, dal cielo alla terra. Demitizzare l’Apocalisse (Mauro Pedrazzoli) in teologia Religione è relazione (e. p.) in religione Nazismo (citazione da H. Ofstad) Amore, vita e morte (Aldo Bodrato) I fantasmi di pietra. Recensione al libro omonimo di Mauro Corona (Cristina Falchero) L’alternativa alla catastrofe esiste. Recensione al libro Difesa popolare nonviolenta di Antonino Drago (e. p.) In nome della madre. Recensione al libro omonimo di Erri de Luca (e. p.) Il «bullismo» del buon tempo antico (Dario Oitana) in società Il peso delle armi. Recensione al film Il vento che accarezza l’erba di Ken Loach Dove continuano le guerre finite? Recensione al film La vita segreta delle parole di Isabel Coixer. Migranti. Poesie Scuse al lettore Posizioni a confronto sull’evoluzione. Lettera di Armando Zecchin con risposta di M. P.
C’è chi scrive: «Siamo tutti inebetiti e sconcertati dalle scelte della "nostra" parte politica che predica bene (prima delle elezioni) e razzola male (dopo le elezioni). La società civile si aspetta "altro" dalla cosiddetta "sinistra", si aspetta scelte coraggiose che restituiscano fiducia e speranza a chi – forse ingenuamente? – crede che esista una sinistra protesa verso gli ultimi, che ponga al centro della propria azione il bene comune, che sia lontana dalle logiche del profitto a tutti i costi, che rispetti realmente la dignità delle persone. La speranza che le cose possano cambiare realmente si affievolisce sempre di più. Non smettiamo di indignarci». Non smettere di indignarsi è giusto. Ma qui succede che molti credono che al governo ci sia la sinistra. Invece c'è il centro-sinistra, che non è la sinistra, ma è un rimedio da tenerci caro, altrimenti torna la destra: chi si ricorda le leggi vergogna? quelle personali? l'assalto alla Costituzione? il ripudio dei tribunali? l'amore per Bush e Putin? il conflitto di interessi, cioè accumulo di poteri? i conti di Tremonti? chi si ricorda di Genova 2001? Se c'è il centro-sinistra, e non la sinistra da sola, è perché l'Italia è fatta così, e non è un'altra, e ha prevalso d'un pelo – meno male! – sull'Italia di Berlusconi. Pensare, volere e dire il meglio e il più giusto è sempre necessario, per volere migliorare il futuro. Ma, nelle decisioni, si deve stare ai numeri della regola democratica: non è la perfezione, ma evita il peggio. Nel decidere e agire, la volontà e i programmi alti e chiari della migliore sinistra (se e quando ha le idee chiare), devono, oggi, mescolarsi e mediare con quelli del centro. E i risultati sono migliori di quelli cui arriverebbe un centro da solo, senza la sinistra. La vita non è un sogno né un volo, ma un cammino passo passo, rasoterra, sotto la legge ineludibile del necessario e del possibile. In politica, come in famiglia, si deve volere anche qualcosa che non si vuole, perché si deve lavorare insieme, e da soli non si fa niente, se non parole. Se la sinistra abbandona il centro, non governa di sicuro, non fa una politica più giusta: fa semplicemente un regalo alle destre. Chi vuole questo? Eppure c'è anche chi dice: «Si stava meglio con Berlusconi al governo, almeno si poteva lottare». Sono gli irresponsabili della politica, evasori politici, che ignorano i fatti reali per pascersi di illusioni. Tradiscono anche la sinistra, non la fanno progredire, ma emarginare. Si deve tener chiara l'idea e immetterla quanto è possibile nei fatti, ma non si deve rompere l'unica coalizione possibile. Ci auguriamo che a nessuno del centro(-sinistra) venga in mente di cercare accordi e larghe intese col centro(-destra) e che a nessuno della (centro-)sinistra venga in mente di buttare a mare un governo reale non soddisfacente per un qualche ideale più soddisfacente. Allo stato attuale preferiamo non sentire nulla di sinistra da D'Alema che tanto di destra da Fini! Prodi ha ragione, almeno questa volta. Il termine «impazzito» attribuito all'Italia non è lontano dal vero: ognuno pensa solo a se stesso; categorie e corporazioni sono un feroce egoismo rafforzato; sulla finanziaria guerra di tutti contro tutti, e ricatti persino individuali, ponendo il proprio criterio, anche giusto, sopra tutti gli altri, come unico. Barbara Spinelli ha scritto sulla «Stampa», in termini colti e semplici, la verità contenuta nello sfogo di Prodi: manca la coscienza del bene comune, la previsione, la ricerca di costruire insieme, cioè manca la politica, la socialità. L'allarme ecologico, che incombe sulla vita di tutti e specialmente dei nostri nipoti, sembra mania di alcuni fissati. La chiesa non aiuta, perché agisce come una forza sociale tra le altre, per ciò che preme a lei, non fa appello e non dà l'esempio di sperare e agire per la salvezza, oltre la storia ma già nella storia. La vita è vivere con e per gli altri: chi ricorda oggi luminosamente questo respiro indispensabile? Sotto qeusto profilo anche la sinistra (partiti e sindacati) è inquinata dal liberismo etico quasi quanto la destra, anche se i due poli ideali sussistono. Senza società solidale, di soci e non di rivali, ognuno muore, anche il ricco. Diciamo la verità, e cerchiamo anche di farla. Se siamo in tempo.
indice Chiesa torinese. L’arcivescovo Michele Pellegrino, tra oblio e rimozione (Alessandro Parola) in religione Oltre la finanziaria. Questione ricchezza (Enrico Peyretti) Gli elettori di Prodi (non) sono di sinistra. Gl’intellettuali invece... (Dario Oitana) in politica La potenza è stupida. Sulla sconfitta di Bush (e. p.) Dopo Verona (Madeleine Delbrel) Tasse (Bruno Forte) Maschismo. I maschi muoiono di stupidità paleolitica (d. o.) Impressioni di un settentrionale. Breve viaggio nel Sud (Enrico Peyretti) Se il Giappone dimentica Hiroshima (e. p.) Un cristianesimo sinottico. «Perché mi chiami buono?» (Ernesto Ferretti) Tra teologia, filosofia e letteratura. Premesse a ogni discorso su Dio (Aldo Bodrato) in teologia Il desiderio (Walter Benjamin) Ripensare la politica. Hannah Arendt a cento anni dalla nascita (Massimiliano Fortuna) Antidoto alla barbarie. Recensione al libro L’Antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo di Giuliano Pontara (e. p.) Bush ha complottato? Recensione al libro 11 settembre, Bush ha mentito. Il documentato atto d’accusa del guardiano delle Twin Towers, di Phil J. Berg e William Rodriguez (e. p.) Alla nuova mamma. Poesie (Luca Sassetti) In ricordo di Luigi Pitet (Carlo Carlevaris) A volte ritornano. La messa in latino (e. p.) Disinnescare. Una proposta per Israele Il saggio legge con la matita in mano (Elena Loewenthal) Pagina: Indietro 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 Prossima |
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